La Mille Miglia e la città: l’unico marchio «globale»

Che una gara bis, in versione elettrica, possa mettere d’accordo tutti, esaltare le nuove tecnologie e costringere ad attrezzarsi per la mobilità elettrica è idea con fondamenta storiche

A quattro mesi dalla celebrazione dell’ultima Mille Miglia, e a otto dall’edizione 2018, l’eco dei motori è abbastanza lontana per una riflessione pacata su questo enorme «patrimonio immateriale». A sollevare queste riflessioni concorre l’intervista al Corriere con cui il presidente di Fondazione Asm, Roberto Cammarata, di fronte alla crisi di Supernova (il Festival dell’innovazione) ha proposto di focalizzare festival, sistema urbano e uno spin-off (derivazione) della Mille Miglia sulla mobilità elettrica. La storia dirà se interessi delle case automobilistiche, sistema produttivo locale, capacità organizzativa porteranno a qualcosa di simile. Di certo la proposta-Cammarata coglie quello che la Mille Miglia è stata nella Storia e invita a riflettere su quello che potrebbe essere per Brescia. La Mille Miglia delle origini, nelle 24 edizioni disputate dal 1927 al 1957, non fu solo un potente mito popolare: annunciò l’avvento della motorizzazione di massa a un Paese contadino, fu il più grande laboratorio (competitivo) dell’industria automobilistica europea, costrinse l’Italia a quel processo di modernizzazione che fu l’asfaltatura delle strade. E lo fece in maniera così trasversale che i commissari di percorso indossavano la camicia nera prima della guerra e il fazzoletto rosso dopo il conflitto. Che una Mille Miglia bis, in versione elettrica, possa mettere d’accordo tutti, esaltare le nuove tecnologie e costringere ad attrezzarsi per la mobilità elettrica è idea con fondamenta storiche. Ma la proposta è significativa per un altro aspetto: Mille Miglia è l’unico brand globale di cui dispone Brescia (7,3 milioni di occorrenze in tutte le lingue su Google). Ogni volta che si immagina qualcosa che proietti la città a livello internazionale ci si rifà al marchio/mito Mille Miglia. Un marchio/mito che scatena le proprie potenzialità nella settimana della corsa (e che il ticket Bonomi-Vittorini ha portato a risultati impensabili fino a poco fa) ma che potrebbe farlo in tutto l’anno se Aci e Museo Mille Miglia avessero identici obiettivi. E soprattutto se Brescia scegliesse di giocare l’immagine internazionale come «Città della Mille Miglia» non limitandosi all’unico, isolato e dunque incongruo striscione appeso da anni su un cavalcavia a Sant’Eufemia. I cliché non sono necessariamente banali. Generano identità e riconoscibilità. Parma è la città del prosciutto, Verona dell’Arena (e di Giulietta e Romeo), Asti del vino, Cremona del violino e Vicenza dell’oro. E Brescia?

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